Sono terminate le vacanze di Natale. Domani riapriranno le scuole e ricominceranno le lezioni. E' per quasi tutti tempo di fine quadrimestre e scrutini, poi via verso la seconda parte dell'anno scolastico.
Vorrei proporre, per iniziare bene il 2013, un invito allo studio, alla lettura, alla curiosità, pere per farlo riprendo di nuovo un articolo di Ilvo Diamanti, pubblicato nel 2011.
" [...] Cari ragazzi e ragazze, cari giovani: studiate. Soprattutto - anche se non solo - nella scuola pubblica. Ma anche quando non siete a scuola. Quando siete a casa vostra o in autobus. Seduti in piazza o ai giardini. Studiate. Leggete. Per curiosità, interesse. E per piacere. Per piacere. Anche se non vi aiuterà a trovare un lavoro. Tanto meno a ottenere un reddito alto. Anche se le conoscenze che apprenderete a scuola vi sembreranno, talora, in-attuali e im-praticabili. In-utili. Nel lavoro e anche fuori, spesso, contano di più altre "conoscenze" e parentele. E i media propagandano altri modelli. Veline, tronisti, "amici" e "figli-di"... Studiate. Gli esempi diversi e contrari sono molti. Non c'è bisogno di rammentare le parole di Steve Jobs, che esortava a inseguire i desideri. A essere folli. Guardatevi intorno. Tanti ce l'hanno fatta. Tanti giovani - intermittenti e flessibili - sono convinti di farcela. E ce la faranno. Nonostante i giovani - e le innovazioni - in Italia facciano paura.
Studiate. Soprattutto nella scuola pubblica. Anche se i vostri insegnanti,
maestri, professori non godono di grande prestigio sociale. E guadagnano meno, spesso molto meno, di un artigiano, commerciante, libero professionista... Anche se alcuni di loro non fanno molto per farsi amare e per farvi amare la loro disciplina. E, in generale, l'insegnamento. Anche se la scuola pubblica non ha più risorse per offrire strumenti didattici adeguati e aggiornati. Anzi, semplicemente: non ha più un euro. Ragazzi: studiate. Nella scuola pubblica. E' di tutti, aperta a tutti. Studiate. Anche se nella vita è meglio furbi che colti. Anzi: proprio per questo. Per non arrendersi a chi vi vorrebbe più furbi che colti. Perché la cultura rende liberi, critici e consapevoli. Non rassegnatevi. A chi vi vorrebbe opportunisti e docili. E senza sogni. Studiate. Meglio precari oggi che servi per sempre. "
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Nelle ultime settimane mi sono trovato spesso a parlare con colleghi, conoscenti ed amici del cosiddetto “Concorsone”, il primo concorso della scuola dopo tredici anni, per accedere al quale era necessario raggiungere la sufficienza in una prova preselettiva che è stata superata solo dal 33,5% dei candidati (!!!).
A questa prova erano (e sono) contrari molte sigle sindacali, molti addetti ai lavori, molti colleghi. A differenza di queste persone, sono favorevole alla prova di preselezione che si è svolta la settimana scorsa, e non perché io l’abbia superata, ma perché credo sia necessario che ancor prima di essere insegnante di matematica, latino, scienze, storia, inglese o qualsiasi altra disciplina, una persona debba essere insegnante (e basta) e debba potersi proporre come tale. Quindi, è secondo me necessario che un insegnante abbia una certa conoscenza di nozioni di base – indipendenti dalla disciplina e dalla propria formazione – che sono quelle richieste nella prova. Ho sentito persone lamentarsi dell'eccessiva difficoltà dei quesiti: troppa matematica, troppa informatica o troppo inglese… quando poi nella vita di insegnante non serve… Una tale argomentazione non mi convince, non sono così sicuro che tutto quello che è stato chiesto non serva, e soprattutto, mi permetto di far notare, che a parte qualche domanda davvero inutile, le conoscenze matematiche richieste erano quelle che si insegnano alle medie o al massimo in prima superiore. Conoscere i fondamenti dell’informatica è ormai necessario: può essere utile per accorciare i tempi di redazione di una programmazione di classe o di una relazione o per comunicare in maniera più efficace ed immediata, e permette di non far durare ore ed ore i consigli di classe e le riunioni. Ho perso, infatti, fin troppo tempo (che avrei volentieri utilizzato in altra maniera) ad aspettare colleghi che ancora oggi nel 2012 si rifiutano di scrivere un verbale con il pc, e che sono contrari a qualsiasi forma di novità tecnica che possa migliorare il loro lavoro, ma che possa facilitare anche quello degli altri. Sapere le basi dell’inglese o una lingua straniera, infine, può aiutare per poter comprendere esperienze didattiche fatte all’estero e per poter interagire con studenti e famiglie (che sono sempre più numerosi) che non sono madrelingua italiani. O vogliamo guardare sempre e soltanto alle nostre esperienze provinciali e nazionali privandoci di uno sguardo, spesso affascinante e interessante, sul mondo che ci circonda ? Da ultimo, credo, sia indispensabile anche per tutti gli insegnanti conoscere i fondamenti della grammatica e dell’ortografia italiana. Perché, a mio avviso, non si possono avere dubbi sul significato e sulla differenza tra “differire / revocare / sospendere” oppure confondere “stralciare” con “stracciare” o ancora compilare un registro di classe come se fosse un messaggio di testo da digitare sul telefono cellulare (che spesso però si sa usare meglio di un computer). Forse non supererò le prove scritte del Concorsone, e rimarrò nella mia posizione in graduatoria ad attendere che ogni settembre l’Ufficio Regionale mi destini in qualche scuola della provincia. Sono però convinto che i vincitori di questo concorso saranno persone preparate e che la prova preselettiva non fosse così insormontabile come è stata dipinta. Era da tempo che mi chiedevo quanta evasione fiscale ci fosse nei bar delle scuole.
Me lo chiedevo perché ho notato che durante gli intervalli quasi mai si fanno gli scontrini (magari per servire qualche studente in più) e che in alcune scuole il personale del bar si reca sui piani a distribuire panini, bibite, pizzette e quant'altro (senza un registratore di cassa ovviamente !). L'anno scorso mi è successo di prendere un caffé a metà mattina e ricevere lo scontrino fiscale numero 4, ieri invece dopo l'intervallo ho ricevuto quello numero 45 !!! E allora mi sono fatto un piccolo conto. La scuola dove insegno ha circa 1000 studenti. Ipotizzo che si rechino al bar ogni giorno il 30% degli studenti, cioè 300, e che ciascuno di essi spenda solo 1 euro (è l'ipotesi di una spesa media, alcuni alunni acquistano solo le caramelle, ma altri il panino con la cotoletta e la bibita che sommati fanno più di due euro). Il bar della scuola incassa quindi 300 euro. Ipotizzo che alla metà degli studenti venga rilasciato lo scontrino (ottimista ?), pertanto il nostro ipotetico bar emette scontrini per 150 euro, ma ne evade altrettanti. I giorni di scuola in un anno sono 200: il bar della scuola ogni anno evade 30.000 euro. Le scuole superiori delle province di Milano e Monza erano nel 2011 circa 130. (fonte). Quindi, ammettendo che il comportamento non sia dissimile in ciascun bar, il totale è: 30.000 * 130= 3.900.000 euro di evasione. Ovvero più di 800.000 di I.V.A. non pagata. Perché i Dirigenti non prendono provvedimenti contro le società che gestiscono i bar della scuole ? E perché invece di inventarci corsi di Cittadinanza e Costituzione non facciamo riflettere i nostri studenti anche sul significato di una semplice richiesta (tra l'altro non si dovrebbe nemmeno chiedere) di emissione di uno scontrino ? In queste settimane uno degli argomenti più dibattuti è l'aumento delle ore di lezione (da 18 a 24) per i professori di scuola superiore. Non entro ora nel merito della questione, ma voglio riportare parte di un articolo di Ilvo Diamanti apparso su Repubblica il 25 luglio 2008. Il testo completo si trova a questo collegamento.
IL "PROFESSORE", ormai, primeggia solo fra le professioni in declino. Che insegni alle medie o alle superiori ma anche all'università: non importa. La sua reputazione non è più quella di un tempo. [...] Negli ultimi tempi, tuttavia, il declino dei professori è divenuto più rapido. Non solo per inerzia, ma per "progetto" - dichiarato, senza infingimenti e senza giri di parole. Basta valutare le risorse destinate alla scuola e ai docenti dalle finanziarie. Basta ascoltare gli echi dei programmi di governo. Che prevedono riduzioni consistenti (di personale, ma anche di reddito): alle medie, alle superiori, all'università. Meno insegnanti, quindi. Mentre i fondi pubblici destinati alla ricerca e all'insegnamento calano di continuo. Dovrebbe subentrare il privato. Che, però, in generale se ne guarda bene. Ad eccezione delle Fondazioni bancarie. Che tanto private non sono. D'altra parte, chissenefrega. I professori, come tutti gli statali, sono una banda di fannulloni. O almeno: una categoria da tenere sotto controllo, perché spesso disamorati e impreparati. Maledetti professori. Soprattutto del Sud. Soprattutto della scuola pubblica. E - si sa - gran parte dei professori sono statali e meridionali. Maledetti professori. Responsabili di questa generazione senza qualità e senza cultura. Senza valori. Senza regole. Senza disciplina. Mentre i genitori, le famiglie, i predicatori, i media, gli imprenditori. Loro sì che il buon esempio lo danno quotidianamente. Partecipi e protagonisti di questa società (in)civile. Ordinata, integrata, ispirata da buoni principi e tolleranza reciproca. Per non parlare del ceto politico. Pronto a supplire alle inadempienze e ai limiti della scuola. [...] Maledetti professori. Pretendono di insegnare in una società dove nessuno - o quasi - ritiene di aver qualcosa da imparare. Pretendono di educare in una società dove ogni categoria, ogni gruppo, ogni cellula, ogni molecola ritiene di avere il monopolio dei diritti e dei valori. Pretendono di trasmettere cultura in una società dove più della cultura conta il culturismo. Più delle conoscenze: i muscoli. Più dell'informazione critica: le veline. Una società in cui conti -anzi: esisti - solo se vai in tivù. Dove puoi dire la tua, diventare "opinionista" anche (soprattutto?) se non sai nulla. Se sei una "pupa ignorante", un tronista o un "amico" palestrato, che legge solo i titoli della stampa gossip. Una società dove nessuno ritiene di aver qualcosa da imparare. E non sopporta chi pretende - per professione - di aver qualcosa da insegnare agli altri. Dunque, una società senza "studenti". Perché dovrebbe aver bisogno di docenti? Maledetti professori. Non servono più a nulla. Meglio abolirli per legge. E mandarli, finalmente, a lavorare. Qualche giorno fa una alunna stava utilizzando in classe, durante una spiegazione sulle forze, un eye-liner per rifarsi il contorno occhi.
Non mi ha sorpreso il fatto che si stesse truccando (ahimé, la cosa è sempre più frequente), quanto la sua risposta alla mia domanda: "Scusa, xxx, ti sembra normale truccarsi in classe mentre si sta spiegando ?" "Ma prof., guardi che io i compiti li ho fatti !!!" Di fronte ad una risposta così pertinente ho continuato a spiegare. |
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Gennaio 2013
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